Pubblico qui di seguito l'articolo scritto anni fa da un produttore locale di olio biologico, che fa parte del gas della zona in cui c'è stato l'incendio e che ha riproposto questo suo articolo che trovo molto interessante... anche se molte cose avrei tanto preferito non fossero possibili!
(è lungo ma se ce la fate a leggerlo è davvero molto interessante!)
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Incendi boschivi: cui prodest?
Un'altra chiave interpretativa
Marco Chiletti
(prima stesura: 19 agosto 2001; versione riveduta: 2 settembre 2002)
Vent'anni or sono divenni contadino di monte. Giunse l'estate ed il mio battesimo del fuoco non si fece attendere. La prima reazione, alla vista di quelle vaghe nuvolaglie nere che s'avvicinavano minacciose verso la fattoria arrossando spettralmente il mondo, fu ... una scarica di dissenteria. Poi, una ad una, vidi comparire figure famigliari: "quello delle uova", l'impiegato dell'anagrafe, Cadorno il pastore ... ma soprattutto rimasi affascinato nel veder arrivare il vecchio mezzadro del vicino, col suo rugoso sorriso ed il suo incedere ratto ma meditato, rassicurante nell'incredibile sobrietà del suo equipaggiamento: il pennato (una sorta di roncola) appeso alla cintola ed una frasca in mano. Quelle sarebbero state le armi che da allora in poi anch'io avrei adottato per domare le fiamme e, di pari passo con esse, le mie paure.
(Guidava il nostro drappello, sicuro fra l'insidiosa macchia, un tizio determinato, a cui nulla mi parve più naturale, in quell'occasione, che dare del "tu": lo stesso che tre sere dopo, in municipio, con la fascia tricolore attorno alla vita ci avrebbe offerto il brindisi del cessato allarme).
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Accantoniamo i casi fortuiti, i mozziconi accesi, il saccente "part-timer", improvvisato agricoltore della domenica con i suoi sessanta ulivi (quante volte sono andato ripetendo a questi ultimi che,
qui da noi, in estate, esistono tre categorie di "esperti": per dirla con Jannacci: quelli che a me il fuoco non mi è mai scappato; quelli che ...ooops, a me il fuoco non mi era mai scappato ... finora!; quelli che il fuoco non l'accendono proprio).
Accantoniamo pure - purtroppo anche questo è cronaca - il caso isolato della guardia o dell'operaio forestale criminale. Quando alla gente cominci a smontare il mito tutto giornalistico del "piromane" e, senza inerpicarti subito per il complesso sentiero delle profondissime responsabilità istituzionali (soprattutto nel campo della prevenzione), inizi ad adoperare il termine "incendiario", sgombrando subito il campo dai disinvolti esorcismi sociali di rito nei confronti del "pazzo", il più smaliziato dell'uditorio a questo punto capisce che risiamo alle solite con le speculazioni edilizie dei palazzinari d'assalto... Se non fosse per due piccole obiezioni: la prima, l'ostacolo legislativo all'edificazione in siti "disgraziatamente" percorsi da "provvidenziali" fiamme; la seconda, quello estetico: chi mai acquisterebbe un villino in mezzo ad una landa desertificata, disposta oltretutto a divenire, nella migliore delle ipotesi, in capo ad un lustro, un inestricabile roveto, pronta esca a nuovi roghi?
Dove risiederebbe allora un più lungimirante business dei possibili mandanti degli incendiari? ("Incendiari": il plurale è d'obbligo, specialmente quando più focolai vengono appiccati contemporaneamente in località circumvicine, allo scopo di disorientare e smembrare le forze
d'intervento).
Punto primo.
Pur continuando, in caso di necessità, a prendere parte alle operazioni di spegnimento, da alcuni anni ho deciso di dimettermi da membro attivo della locale associazione di volontariato dopo esser stato sottoposto, in quanto ufficialmente inquadrato nell'organico, ad una specifica visita medica d'idoneità, recentemente divenuta obbligatoria, assieme a tante altre geniali trovate, grazie alle nuove normative sulla sicurezza. Evito commenti personali sull'effettiva utilità di tale esame, rinviando chi fosse eventualmente interessato ad un approfondimento su questo peculiarissimo aspetto della burocrazia italiana, al testo-denuncia di Giorgio Ferigo, riottoso ufficiale sanitario, "Perinde ac cadaver, la certificazione medico-legale come presunto strumento di prevenzione", pubblicato sul n° 18-19 de "L'Inventario della Fierucola Italiana" nell'estate del 2001. Mi limito
qui a sottolineare che la farsa a cui, pur ribollendo, accettai di prestarmi, era ovviamente in appalto ad un'organizzazione privata per la modica cifra di mezzo milione a visita (generosamente erogato dall'Ente Pubblico, cioè il cittadino). Vi risparmio le risibili modalità dei controlli cui venni sottoposto, effettuati però con sofisticatissimi strumenti elettronici (il soffiometro? il trattienilfiatometro? lo starnutoscopio - ...) Questi certo non garantiranno nulla sulla mia idoneità allo spegnimento delle fiamme, ma, al Pantalone di turno, impressione fanno di sicuro!
Punto secondo.
Altra recente invenzione: per partecipare regolarmente alle azioni di spegnimento devi essere assicurato. Ma pensi forse che ne basti una, di assicurazione? Ingenuo! Più le torte son grosse, più aumentano i commensali; così sarà diverso se ti trafiggi una coscia sul luogo dell'incendio o se invece sbertucci il ginocchio al tuo compare mentre monta sulla camionetta delle Giovani Marmotte: vedi di non confonderti o sono capaci di addebitarti i costi del rimboschimento!
Ancora - punto terzo -: per poterti avvicinare all'incendio, oggigiorno, devi dotarti di una specie di impacciantissima tuta da astronauta, per la cui versione più economica ci vogliono almeno trecento euro (e meno male che l'amianto adesso pare sia fuori moda...). Eppoi, dopo il terzo incendio di supplizi con la camicia di forza, o mi date quella accessoriata con doppio air-bag e aria condizionata o il fuoco ve lo spegnete da soli! Ma anche questo non è poi un problema così insormontabile: basta imbastire un po' di sceneggiata con l'assessore giusto, saper tenere i rapporti con la stampa, questuare adeguatamente presso un istituto bancario filantropo (!), stabilire di chi si vorrà essere quest'anno fiore all'occhiello...
L'altro giorno, lungo il sentiero per il bosco, mi è caduto per terra un cerino acceso; da cittadino ligio e coscienzioso, non essendo adeguatamente bardato come vorrebbe la legge, avrei dovuto scendere in paese alla ricerca di un telefono pubblico funzionante (rara avis) allo scopo di allertare le strutture antincendio istituzionali, ma la tentazione, per un irriducibile veterano qual è il sottoscritto, è stata troppo forte: so di rischiare un'incriminazione con la presente autodenuncia, ma l'istinto ha avuto il sopravvento: ho allungato il piede ed ho spento quel focherello fatuo con la suola del sandalo. Non ne sono pentito e sono anzi perfettamente consapevole del fatto che in
futuro potrei anche essere recidivo.
Il peggiore incendio vissuto occorse nell'agosto del '97, quando le fiamme giunsero a lambire addirittura i confini del mio piccolo oliveto e della mia abitazione. Mentre le varie unità antincendio erano ancora impegnate ad un chilometro da noi, impossibilitate a soccorrerci, ci pervenne telefonicamente l'ordine di evacuazione. In realtà, anche senza quell'ordine, peraltro di ovvia impossibile cogenza (chi avrebbe dovuto farlo rispettare se risultavamo irraggiungibili?), eravamo
disperatamente pronti ad abbandonare la nave. Non so nemmeno come, trovai lo spirito per scattare un'ultima istantanea alla casa, pensando che non l'avremmo più rivista.
Ma intanto gli anni sul Monte non erano passati invano: la meticolosa pulizia del terreno circostante preventivamente effettuata, gli intramontabili San Pennato e Santa Frasca, nonché quattro folletti magicamente spuntati in extremis dal bosco a darci man forte (come nella
migliore letteratura epica) ci consentirono di smorzare la foga di quel minaccioso lembo dell'incendio, deviandolo verso l'incolto.
Provvidenziale, a quel punto, proprio mentre andavano esaurendosi le nostre energie, un'abile secchiata dall'elicotterista, giusto in mezzo ai rovi, a salvezza anche del bosco.
Già: "provvidenziale": riecco spuntare questa parola... Allora, alla prossima assemblea pubblica, alla prossima campagna elettorale, io sosterrò incondizionatamente chi proporrà un incremento del parco elicotteri in dotazione alle forze antincendio. Più ladri? Più polizia; più società d'assicurazione, più porte blindate, recinzioni, cancellate, muri, bunker. Più incendi? Più lavoro; più commesse alle industrie! Che stolti, nei decenni trascorsi, i detrattori degli "ambientalisti"! Non
avevano ancora capito quale strada maestra questi stavano aprendo al grande business dell'ecologia!
"Provvidenziale" dunque fu, così, anche il TSK (il fuoristrada attrezzato con cisterna e lancia) che giunse il giorno successivo, quando il fuoco, questa volta sospinto dalla brezza di mare, si ripresentò all'altro estremo del podere. Il tempo di stendere il tubo, iniziare ad inumidire i confini del bosco e - incredibile! - quella squadra gagliarda con la tuta rossa nuova fiammante (sic!) ritira il
tutto e si appresta ad andarsene. Sbigottito ne domando la ragione: "Ci siamo accorti d'esser rimasti col serbatoio vuoto: torniamo alla centrale operativa a fare rifornimento". "Calma, ragazzi: quassù, con l'acqua, siamo organizzati: la mia vasca più vicina, cinquanta metri verso casa, può rifornirvi ininterrottamente per una giornata intera!"
Quale candore! Ignoravo che i TSK ufficiali - non le due carrette rappezzate artigianalmente e folcloristicamente assemblate (extra lege) in dotazione alla nostra associazione - fossero equipaggiati con un serbatoio esclusivo (modello Armani?) il cui unico orifizio, probabilmente per motivi di purezza genealogica, poteva copulare esclusivamente con l'apposita protuberanza di cui il costruttore aveva dotato l'autocisterna madre.
Ricordo ancora la maledizione con la quale li salutai: "O tornate con un pieno di Ferrarelle o non vi lascio spegnere neanche la radio!"
E' evidente: occorrono più TSK! (Me ne ricorderò alla prossima tornata elettorale).
Ma davvero l'eco-business è ancora fermo allo spaccio di dieci fuoristrada da soli ottanta milioni, quattro miseri elicotteri, due ingombranti Canad-Air (di quelli che qui sul Monte è meglio non ci
vengano, ché sono più di pericolo che d'aiuto; di quelli che comunque, perché possano partire, richiedono una trafila burocratica tale che di solito giungono in tempo per l'incendio successivo)? Tutto qui il fantascientifico armamentario che sappiamo squadernare nel duemila? E la realtà virtuale dove la mettiamo? Non penserete mica che le guerre stellari si paghino da sole, vero? (Soprattutto se, per il momento, nessuno si è ancora gentilmente dichiarato disposto a farle scoppiare...)
Ed infatti la novità rivoluzionaria nella strategia della lotta contro il fuoco fu, per la nostra vallata, l'adeguamento della centrale operativa alle più avanzate tecnologie di fine millennio, cioè un bel
paio di miliardi (iniziali) destinati ad ottemperare alla innovativa legislazione che prevede la realizzazione di mirabolanti stazioni di monitoraggio computerizzate al fine di individuare tempestivamente l'insorgere di principi d'incendi; la qual cosa prevede, in particolare, sia l'installazione di una rete di telecamere a terra che il collegamento coi sistemi di telerilevamento satellitare ad alta definizione (dal tipo di fumo sicuramente si potrà distinguere cosa ti sei rollato...); e non c'è nemmeno il problema di dover indire gare d'appalto, data la situazione pressoché monopolistica del settore, dove addirittura la normativa stessa indica i nominativi delle aziende a cui rivolgersi!
Oggi, la nostra centrale operativa è stata trasformata in una piccola Cape Canaveral fitta di monitor (non mi meraviglierei di trovare alla consolle l'alieno David Bowie de "L'uomo che cadde sulla terra") ed è, giocoforza, una nuova ulteriore area interdetta ai comuni mortali (quantunque imprevidentemente, al momento, non ancora militarizzata).
Che poi il Grande Occhio Celeste, contornato o meno dal rituale triangolone, possa essere utilizzato anche per altri scopi, alla faccia dell'authority per la privacy, è solo un ignobile sospetto di malfidati.
Lo scorso anno un amico venne a pavoneggiarsi col suo recente acquisto, una lussuosissima BMW full-optional, orgoglioso in particolare, fra tutta l'allucinante strumentazione installata sul cruscotto, di un gioiello della tecnologia spaziale: una mappa stradale digitale, aggiornata in tempo reale su eventuali irregolarità della circolazione (sensi unici, lavori in corso, blocchi, ecc.). Accidenti: si poteva individuare persino la nostra mulattiera!
"Vedi - mi disse compiaciuto - con questa non mi posso mai perdere: so sempre dove mi trovo!"
"Tu sai sempre dove sei? - esclamai, invidioso e perfido - Loro sanno!"
Ad ogni buon conto, anche la telematica più evoluta presenta sempre qualche pecca: per esempio la necessità di una costante manutenzione dei delicatissimi congegni adottati, nonché il loro sistematico aggiornamento. Per esempio, ancora, il fatto che l'attuale frequenza di passaggio dei satelliti si aggiri soltanto a tre volte l´ora, fornendomi dunque un'istantanea ogni venti minuti; ritenendo invece indispensabile la riduzione del periodo a non più di dieci minuti, alla prossima
assemblea pubblica, alla prossima campagna elettorale, appoggerò le richieste di Telecom, CIA, NASA o chiunque proporrà il raddoppio dell'attuale copertura: non vogliamo solo città più sicure, ma anche campagne più sicure, spazio siderale più sicuro!
Un tempo la campagna non era semplicemente "coltivata": era abitata, vissuta, mantenuta; per esempio, l'esigenza, e dunque la realizzazione, di canalizzazioni per le acque meteoriche effettuate in proprio dai vari proprietari terrieri (dai loro braccianti, s'intende!) si risolveva automaticamente in un pubblico beneficio a difesa del territorio. La moderna agricoltura industriale ha invece trasformato i campi in niente più che aride fabbriche a cielo aperto, anch'esse ormai entrate nel
perverso gioco consumistico del pendolarismo quotidiano (quantunque anomalo, dacché gli spostamenti avvengono in senso inverso al convenzionale). Nella sua sacra furia razionalizzatrice, il sistema agroindustriale ha ridotto la terra a mero supporto inerte, totalmente ed irrimediabilmente devitalizzato ed ha parimenti condotto alla definitiva disgregazione il residuo universo sociale delle nostre campagne.
Nel delirio di inarrestabile gigantismo proprio del modello economico dominante, i flussi monetari sono sempre più attratti in direzione centripeta, incrementandone, con la concentrazione, le dimensioni.
Quante famiglie, invece, potrebbero vivere, dislocate sul territorio - attenzione: effetti collaterali indesiderati: decongestionando le metropoli, respirando ossigeno, rifertilizzando i campi, coltivando
senza veleni inquinanti e macchinari infernali ed omicidi, allevando animali sani, recuperando la biodiversità, salvaguardando da frane ed alluvioni, perpetuando le riserve idriche, decrementando le innumerevoli patologie fisiche e morali della "civiltà", restituendo senso e dignità al lavoro ed alle fasce di età "non produttive (!)", e ancora e ancora.... (Ah! Quasi dimenticavo: impedendo, indirettamente, il verificarsi delle condizioni stesse di possibili inneschi d'incendio!) -, quante persone potrebbero, in definitiva, condurre una vita più umana, domando, se i miliardi devoluti al vertice della piramide (comprese le immancabili e non necessariamente sempre ufficiali gabelle
ad ogni gradino delle parassitarie stratificazioni gerarchiche) con la scusa degli incendi e col plauso delle folle mediaticamente irretite, fossero investiti in una seria ricolonizzazione delle terre, adeguatamente supportata da infrastrutture diffuse anziché sempre più - anch'esse - centralizzate ed anonime come nello scellerato percorso, apparentemente irreversibile, ormai da tempo intrapreso da questa nostra disgraziata società?
Un altro mondo è possibile?